Ho davvero tante cose da raccontarvi su Marrakech, che in due giorni mi ha fatto fare il giro dei cinque sensi e che rappresenta davvero, per me, l’essenza del Marocco. Ho deciso di non spezzettare il racconto in tanti post su cosa visitare a Marrakech, perchè non voglio farvi perdere il filo. Voglio portarvi con me tra le strade polverose della Medina, farvi sentire il sapore dei deliziosi piatti profumati di spezie, mostrarvi i colori dei souk, farvi sognare tra le stanze silenziose di un riad, raccontarvi la timida esperienza in un hammam, travolgervi con lo spettacolo che da mille anni si ripete uguale ogni sera nella Djemaa el-Fna. Perchè visitare Marrakech è davvero un’esperienza che ti si attacca alla pelle e non ti molla più.
Quando sono scesa dal bus, alle porte della città, mi ha avvolto istantaneamente l’abbraccio del deserto. Non è solo una questione di calore. E’ una presenza costante che ti accompagna fedele nel vagare tra le strade della vecchia Medina. Di giorno la città sonnecchia, si aggirano solo gruppetti di turisti in visita ai monumenti, di sera esplode tutta la vitalità dei fieri abitanti di Marrakech. Che non è la capitale ma è di certo il cuore pulsante del Marocco, su questo non c’è dubbio.
La Medina è decisamente più ordinata e facile da visitare rispetto a Fés. Non ha il suo stesso fascino, peccando di un eccessivo approccio commerciale soprattutto nei dintorni della piazza, ma è un ottimo posto per fare una delle esperienze più pittoresche che vi possano capitare qui: la contrattazione con un venditore di tappeti. Scordatevi di “dare semplicemente un’occhiata”, di puntare subito al pezzo che vi interessa, pagare e uscire. La vendita in Marocco è un rito e va rispettato. Entrerete nel bazar, vi siederete su comodi cuscini, sorseggierete del buon tè alla menta e osserverete con la dovuta attenzione tutti i meravigliosi pezzi che vi mostrerà il venditore, non senza un certo orgoglio. Sceglierete con calma ciò che vi interessa fino a selezionare il tappeto dei desideri. Da lì inizierà la lenta ed estenuante contrattazione tra sorrisi, titubanze e apostrofate ironiche come “Hey girl, are you berber?” quando cercherete di abbassare notevolmente il prezzo. A un certo punto cercherete di uscire perchè non sarete convinti e il prezzo sarà ancora molto alto, ma non vi sarà possibile parchè sarete inseguiti fino all’ingresso da un incessante tamburellare di motivi per cui non dovreste perdere un’occasione del genere, un pò elencati dal venditore, un pò già piantati nella vostra testa. A un certo punto, all’ennesima offerta al ribasso, capirete che è arrivato il momento di tirare fuori il portafoglio perchè diavolo, state per fare un vero affare e quel tappeto è davvero magnifico. Ma anche perchè non ne potete davvero più. Semplicemente magnifico.
La Medina di Marrakech non è solo souk, bazar e mercati. Tra le sue strade si nasconde un grande tesoro: la Medersa di Ali Ben Youssef, una scuola coranica fondata dai Merenidi nel 1300 che per secoli ha ospitato migliaia di giovani tra le sue eleganti mura e le sue splendide decorazioni.
Ancora oggi, entrando in questo edificio, si avverte una sensazione di grande solennità e non si può restare indifferenti di fronte alla magnificenza delle cupole decorate in legno di cedro, i balconi traforati, le pareti rivestite di zellij colorati e il bianco elegante del marmo di Carrara.
Una tale ricchezza di decorazioni si ritrova solo nel sontuoso palazzo Bahia, al quale hanno lavorato i migliori artigiani del Paese per offrire, prima al gran visir Si Moussa poi all’ex schiavo divenuto a sua volta visir Bou Ahmed, una residenza degna di un sovrano che incutesse soggezione ai sudditi che vi entravano.
La ricchezza e l’opulenza dei sultani si ritrova pressochè intatta anche nelle Tombe dei Saaditi, vicino alla Moschea della Kasbah, dimenticate per lungo tempo e riscoperte agli inizi del 1900, non senza stupore. Il bianco del marmo in piacevole contrasto con il verde intenso del giardino lo rendono un luogo enigmaticamente affascinante.
Potreste anche non passare per la piazza, che di giorno è un ampio spazio anonimo riempito solo da sporadiche bancarelle alimentari e di souvernir, se non fosse necessario per raggiungere, e ammirare in tutta la sua bellezza, il minareto della Moschea Koutoubia. E’ il faro di Marrakech, il miraggio lontano da osservare quando ci si perde tra i vicoli della Medina, l’orologio che scandisce la giornata con il suo dolce canto di preghiera cinque volte al giorno. E’ l’opera architettonica più celebrata ed emulata, dall’alto dei suoi oltre 900 anni.
E’ ora di tuffarmi tra i sapori della cucina marocchina che ho imparato ad amare in questo viaggio in Marocco, per scoprire le deliziose unicità dei piatti di Marrakech. Se c’è una cosa da fare in questa città, è quella di scegliere un locale tradizionale con terrazza dove abbandonarsi tra morbidi cuscini ammirando la vita della città dall’alto, mentre ci si immerge tra profumi e sapori inebrianti. Abbiamo scelto il Souk Cafè per assaggiare il piatto tipico di Marrakech: la tanjia. E’ una pietanza a base di carne che sprigiona un aroma intenso ma bisogna assaggiarla per cogliere il suo meglio: la carne è resa tenerissima perché cotta per ore all’interno di un vaso risposto in un hammam. Cottura lenta per poter assorbire tutto il profumo delle spezie, come qui è tradizione.
Il sole comincia a calare, l’aria a intiepidirsi, è il momento giusto per varcare la soglia di un hammam pubblico e provare una delle esperienze più autentiche di Marrakech: lavarsi e prendersi cura di sè come fanno da sempre le donne marocchine. Poco distante dalla Koutoubia c’è il più grande hammam tradizionale della città, Dar el-Bacha. Entro non senza una sensazione di timidezza ed estraneità in corpo. Un gruppo di donne a seno scoperto ci accolgono silenziose, con modi rudi e decisi. Trattengono i nostri zaini e ci accompagnano alla prima delle due sale riscaldate. Ci sono donne che si lavano a vicenda sussurando poche parole, altre che si passano un guanto esfoliante chiacchierando animatamente, altre ancora che si fanno massaggiare in maniera energica distese su un fianco. E’ la prima volta da quando ho messo piede in Marocco che ho la possibilità di osservare le donne da vicino, di vederle spogliate dei loro abiti mentali e dei loro rigidi ruoli familiari. Capisco che questo è il loro piccolo mondo, che questo è il loro momento speciale fatto di pura complicità femminile. Osservo i loro gesti consapevoli e decisi, la cura e la voglia di prendersi tutto il tempo necessario per stare con se stesse. Sono timida e impacciata nei movimenti, non so bene quello che devo fare. Una di loro ci si avvicina e ci spiega con dolcezza cosa dobbiamo fare. Imparo che il gesto della pulizia del corpo è fatto di tanti piccoli momenti, ognuno di questi ha bisogno del suo tempo e della giusta attenzione. Usciamo di lì con una strana e inconsapevole sensazione di esserci in fondo un pò confuse, seppure per un attimo, in quel piccolo mondo appartato.
Ci aspetta però l’avventura più intensa, il viaggio più affascinante che si possa fare a Marrakech: vivere la Djemaa el-Fna. Poco prima del tramonto saliamo su una terrazza e con una tazza di tè alla menta in mano, prendiamo posto vicino alla ringhiera. Di fronte ai nostri occhi la piazza sta lentamente prendendo vita: i grigliatori iniziano a scaldare le braci, i calessi corrono veloci da un lato all’altro della strada, gli incantatori di serpenti cominciano il loro gioco ipnotico, i venditori d’acqua battono il ritmo con le loro tazze d’ottone e i cappelli a frange. Guardo questo spettacolo che va in scena ogni sera da un millennio e sono rapita dalla sua forza, dalla vita che sprigiona questa piazza, dai colori e profumi che si mescolano in un turbinìo di stimoli continui. Indugio ancora un po’ su questa terrazza cercando di catturare con gli occhi ogni piccolo dettaglio, impriogionandolo tra i miei ricordi.
Il bello però deve ancora venire: dopo l’ora della cena arrivano i cantastorie e i teatranti e la cosa migliore da fare è sedersi accanto alla gente che si porta la sedia o la panca da casa, per ascoltare quella che l’Unesco ha riconosciuto come capolavoro del patrimonio orale dell’Umanità: la storia e le leggende del Marocco tramandate a voce da centinaia di anni. Non capisco ovviamente una parola di quello che viene detto ma il ritmo è concitato e le persone chiuse in un cerchio intorno al teatrante lo guardano rapite. Dovrete lasciare qualche dihram di mancia, soprattutto se volete scattare qualche foto, ma questo teatro a cielo aperto è una delle esperienze più vere che vivrete in questa terra. Facciamo ancora un giro della piazza, non mi stanco mai di scoprire nuove bizzarrìe come la bancarella delle dentiere, i commercianti di pozioni, le artiste dell’hennè che eseguono in pochi secondi delle vere opere d’arte sulle mani di turiste estasiate.
Proprio qui, tra mille suoni, sapori intensi di spezie, luci incantate a illuminare questo teatro all’aperto, qui tra incantatori e artisti, qui sotto questo cielo e il vento caldo del deserto, ho sentito il Marocco. L’ho sentito scorrere nelle vene, l’ho visto vestirmi come un abito e lasciare una traccia indelebile nella mia mente.
#IfeelMarocco.
Che bello. Adesso mi sento in Marocco. Come se mi fossi teletrasportato in quella Piazza ed in quella città.
Thank u e sempre #IFeelMarocco
Un pezzetto della mia mente non se n’è mai andato da lì…decisamente #IfeelMarocco!
mi hai riportato indietro al 2003 quando anche io per la prima volta ho visto questa città fuori dal tempo!
Ciao Eli! Marrakech è proprio un mondo a parte con un fascino magnetico che non è dato dai suoi monumenti ma dalla sua vita e dalla sua gente.