Senza dubbio quella sul Monte Koya è stata una delle esperienze più belle e intense del mio viaggio in Giappone. Il Koya (o Koyasan) è uno dei luoghi più sacri per i giapponesi, centro del buddismo Shingon, e uno dei luoghi più affascinanti che abbia visitato. Qui si dorme in un monastero, si partecipa alle preghiere mattutine dei monaci, ci si addentra di notte in un enorme cimitero avvolto nella foresta. Per un giorno (e una notte) si vive in un’altra dimensione, fatta di quiete e profonda spiritualità. E’ impossibile non esserne avvolti completamente. L’escursione al Monte Koya da Kyoto è impegnativa, perchè per raggiungerlo si prendono treni, funicolari e bus, ma è parte del “pellegrinaggio” che si compie per arrivare in questo luogo ameno.
Dormire in un monastero buddista è certamente un’esperienza singolare ma vi voglio subito mettere in guardia: non è un posto isolato, i monaci sono avvezzi ad accogliere turisti in visita e incrocerete molte persone che come voi hanno deciso di venire qui. Non vi preoccupate però, la presenza di altri viaggiatori non vi disturberà e troverete molte occasioni per isolarvi e stare in silenzio, che sia tra i corridoi della struttura o tra le tombe del cimitero. Quello che capirete subito è che qui ci sono regole precise da rispettare, in particolare per gli orari: bisogna arrivare prima delle 17 altrimenti si salta la cena, che è rigorosamente alle 18. Tra i monasteri disponibili io ho scelto il Shojoshin-in, grazie ai consigli di Patrick Colgan, giornalista e blogger che ha scritto un utilissimo libro sul Giappone. E’ un complesso molto grande, situato alle pendici di una collina. Una volta assegnata la stanza si indossano le pantofole e si sale ai piani superiori: l’alloggio è un’autentica camera giapponese con il tatami e un comodissimo futon, un tavolino basso per prendere il tè e una terrazza in travi di legno che si affaccia su un piccolo giardino interno immerso nella quiete. Si respira fin da subito una grande sensazione di pace.
Noi siamo arrivati appena dopo pranzo quindi siamo riusciti a visitare il mausoleo di Kobo Daishi, fondatore del buddismo shingon. Per raggiungere il mausoleo si percorre un sentiero all’interno del cimitero, lungo circa 2 km, circondato da una miriade di tombe antiche e statue di Buddha, avvolti in un bosco spettacolare di alberi altissimi, i cedri giapponesi.
Qui la natura è protagonista assoluta e nonostante ci siano molti turisti e credenti, vige sempre il silenzio e la quiete più totale. Camminando tra le tombe ricoperte di muschio mi sono lasciata trasportare in un’altra dimensione, lasciando alle spalle la confusione della città, le voci, i rumori, per apprezzare a pieno il silenzio che mi circondava.
La zona più sacra è delimitata da un ponte e prima di entrarvi i monaci e i credenti compiono il rito di bagnare le statue di Jizo, protettore dei bambini, poste in fila una di fianco all’altra. Mi perdo a osservare gesti e rituali antichissimi perpetuarsi immutati nel tempo.
Di giorno è possibile entrare nel mausoleo e assistere facilmente a riti e cerimonie profumate d’incenso e animate da canti e preghiere. Di fianco alla struttura c’è la sala di preghiera principale, la sala delle lampade: qui risplendono più di 10.000 lanterne eternamente illuminate, dono dei pellegrini. Un luogo davvero incantato.
Siamo rientrati per la cena e, dopo aver indossato lo yukata, abbiamo mangiato in una grande sala un pasto completamente vegetariano seduti a terra. Un’altra occasione dopo Hakone per assaggiare la cucina kaiseki, fatta di tanti piccoli assaggi serviti sempre in maniera impeccabile, dalla zuppa alla tempura, dalle verdure ai dolcetti.
Il momento più bello e intenso della visita al Monte Koya è stato tornare al cimitero per vederlo di notte. Che paura penserete, e invece no. E’ un luogo sacro dove ogni cosa contribuisce a mantenere un’atmosfera spirituale intensa. Salendo gli scalini illuminati dalle grandi lampade all’ingresso del mausoleo, ho scoperto che si poteva fare il giro dell’edificio e raggiungere il retro, che ospita un piccolo tempio. Qui la sera alcuni fedeli si ritrovano a pregare circondati da centinaia di lampade illuminate, cesellate di scritture giapponesi. Mi sono seduta ad ascoltare il canto sussurrato di un pellegrino che rivolgeva la sua preghiera a Buddha, completamente immerso nella preghiera. Un’esperienza toccante.
Al mattino ci siamo alzati all’alba per assistere alle preghiere mattutine dei monaci. Ci siamo seduti su una panca e abbiamo potuto osservare riti e gestualità antiche che si ripetono ogni giorno in eterno, eterno come il senso che si prova trascorrendo il tempo su questa montagna sacra. La sala è piena di cimeli, libri, oggetti religiosi. Mi perdo ad ammirare testi sacri, scritture millenarie, pergamene e coppe dorate. Un momento intenso che difficilmente potrò dimenticare.
Prima di ripartire abbiamo deciso di visitare il tempio Kongobu-ji, il santuario più importante del buddismo shingon. Si compie un percorso circolare tra le sale, famose per gli splendidi dipinti della scuola di Kano sulle porte scorrevoli, per poi ammirare un ampio e affascinante giardino zen, il più grande del Giappone.
Come arrivare al Monte Koya
. Il Monte Koya si trova nella prefettura di Wakayama, al sud di Osaka. Come ho anticipato, il percorso per arrivare qui è lungo e impegnativo ma ne vale assolutamente la pena. Da Kyoto si prende il treno fino a Osaka e poi da lì si prende la linea Nankai fino alla stazione di Gokurakubashi. Da qui con una teleferica si raggiunge la stazione di Koyasan salendo sulla montagna fino a 1000 metri circa. L’ultimo tratto lo si percorre in autobus fino a Senjuinbashi per poi raggiungere il centro. E’ possibile fare un unico biglietto cumulativo per tutti i trasporti, indubbiamente la soluzione più comoda.
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