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Viaggio a Chernobyl per raccontare una tragedia attraverso la fotografia: il progetto di Francesca “NoFear”


Posted by cristina on 25 set 2015 / 0 Comment
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Gli amici la chiamano “NoFear” per i suoi viaggi decisamente insoliti e questa sua passione per i luoghi dimenticati che immortala con il proprio obiettivo, per documentare ciò che spesso viene sepolto nella memoria. Lei è Francesca Gorzanelli, fotografa di Vignola, e sta per partire per l’Ucraina assieme al suo compagno per raccontare attraverso la fotografia la tristemente famosa Chernobyl, alla vigilia dei 30 anni dal tragico evento.
Quando mi ha contattato per raccontarmi il suo progetto mi è venuta subito la curiosità di conoscerla meglio e di capire il perchè di questo suo viaggio.
Come ti sei avvicinata al mondo del reportage fotografico?
Sono arrivata al reportage fotografico nel preciso istante in cui ho iniziato a “trafficare” con una reflex, perchè ho sempre interpretato la fotografia come un momento di documentazione, di rappresentazione di uno spaccato di momento di vita. Infatti non sono molto attratta dalla fotografia “da set”….La trovo “fasulla”, mi sembra una manipolazione della realtà.
Cosa rappresenta il tuo nickname, “NoFear”?
Il mio nickname deriva dalle classiche prese in giro tra amici, proprio perchè mi hanno sempre vista come una persona avventurosa, a tratti pure incosciente dati i luoghi in cui mi infilo….e da qui Francesca Senza paura.
Perché l’idea di fotografare luoghi dove sono accaduti avvenimenti tragici?
Il desiderio di documentare luoghi di sofferenza non è semplice da spiegare. Nasce dal desiderio di documentare realtà che sono nascoste alla conoscenza delle persone, le classiche situazioni di cui nessuno parla, perchè è forse meglio dimenticarle che rivangarle. E le emozioni/sensazioni che questi luoghi trasmettono sono indescrivibili, ti entrano dentro e ti cambiano ogni volta un pò.

Chernobyl
Quando è nata l’idea di realizzare un reportage di Chernobyl?
Chernobyl è una realtà che ho vissuto personalmente da piccola, come tutti quelli della mia generazione. Ho ricordi del panico che si era creato anche in Italia, il latte da buttare, le verdure che non si potevano più mangiare, mia mamma che mi richiamava in casa dal cortile quando pioveva e parlava di “piogge acide”, che io proprio non capivo. E negli anni è una storia che ho seguito incuriosita da come si evolveva il post tragedia nucleare…E l’inevitabile voglia di andare a vedere con i miei occhi!
È stato difficile organizzare il viaggio? Quali saranno le tappe?
Per organizzare il viaggio ho impiegato alcuni mesi: c’è un pò di burocrazia da sbrigare e non è semplice confrontarsi con un paese di una lingua così diversa. Le tappe sono suddivise in 5 giorni: visiterò tutta la centrale di Chernobyl, fino al reattore esploso, la città di Pripyat totalmente evacuata dopo l’esplosione (oggi la città fantasma più famosa al mondo), farò visita ad alcune persone che sono rientrate a vivere nella zona di esclusione, nonostante i divieti del governo; visiterò una grande antenna militare denominata Duga, una antenna russa che serviva per “spiare” gli americani in tempo di guerra fredda; andrò a vedere i cimiteri dei mezzi militari utilizzati per il primo intervento (mezzi dei vigili del fuoco, ruspe utilizzate per sotterrare tutto, e per tutto si intende proprio tutto…case, animali, il terreno stesso, tutto ciò che era stato contaminato). Occorrono cinque giorni perchè nella zona di esclusione non si può permanere più di cinque ore al giorno.
Cosa ti aspetti da questa esperienza?
Da questa esperienza mi aspetto di perfezionare al meglio la mia fotografia di reportage, e di certo mi aspetto emozioni che difficilmente riuscirò a spiegare a parole…Farò il possibile per poter rendere le emozioni in fotografia, ma di certo porterò dentro di me un’esperienza unica e irripetibile.
Ci sono altri viaggi o esperienze particolari che vorresti fare dopo questo viaggio?
Nella mia lista dei viaggi “must have” ci sono tantissimi luoghi sparsi per il mondo, dove la storia ha fatto il suo corso inesorabilmente. Sarò un pò ripetitiva ma prediligo i luoghi abbandonati/dimenticati. In Italia ne abbiamo molti più di quelli che il nostro occhio distratto dalla quotidianità riesca a percepire. Per ora non ho in programma viaggi all’estero (in cui inserisco sempre tappe di questo genere e diciamo che per ora in cima alla lista dei desideri c’è la Polonia con i suoi campi di concentramento e la Repubblica Ceca con la sua incredibile chiesa di Saint-Georges), ma di certo continuerò con i miei viaggi in giro per la penisola alla ricerca di ex manicomi, ex ospedali, carceri, preventori.

 

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